La maggior parte delle molecole proteiche sono capaci di passare reversibilmente tra diversi stati conformazionali, a causa di svariate possibilità di combinazione dei legami idrogeno, dei ponti disolfuro e delle forze idrofobiche. Tali passaggi avvengono mediante cambiamenti non-lineari, a salti, per superare le barriere energetiche tra uno stato e l’altro. Le proteine sono quindi strutture dinamiche, vibranti e vanno incontro a continui movimenti oscillatori delle loro componenti, oscillazioni che avvengono in scale temporali da femtosecondi (10-15 s) a molti minuti. Le vibrazioni più significative nei sistemi biologici sono dell’ordine dei nanosecondi [Hameroff, 1988]. È molto importante sottolineare il fatto che in biologia molte proteine (ed anche altre specie chimiche come i lipidi) si trovano assemblate a gruppi multimerici o polimerici. In tali strutture si verificano molto facilmente interazioni cooperative, o collettive, cosicché le vibrazioni possono propagarsi in modi "coerenti" e, in quanto tali, assumere significato biologico-informazionale [Frohlich, 1988; Del Giudice et al., 1988a; Bistolfi, 1989; Hameroff, 1997].

La crescita dei processi nervosi è guidata da deboli correnti elettriche [Alberts et al., 1989]. Infatti quando un processo nervoso si allunga in coltura, o anche nel tessuto connettivo, al suo apice si forma una struttura chiamata cono di crescita, che appare come un centro di espansione di molti lunghi filamenti (filopodi) che appaiono come digitazioni in continuo lento movimento, effettuando movimenti ameboidi: alcuni si retraggono, altri si allungano, come esplorando il terreno. Il movimento assomiglia a quello di un neutrofilo attratto da un fenomeno di chemiotassi. All’interno dei filopodi si trovano moltissimi filamenti di actina. Allo spostamento vettoriale netto del cono di crescita in una direzione segue l’allungamento della fibra nervosa (si calcola ad una velocità di circa 1 mm al giorno). La direzione del movimento dipende da vari fattori locali, come ad esempio l’orientamento di fibre della matrice connettivale, lungo le quali avviene preferenzialmente la crescita, ed anche l’esistenza di specifici sistemi di riconoscimento di membrana tra cellule adiacenti. Le cellule però sono anche influenzate potentemente da campi elettromagnetici: i coni di crescita di neuroni in coltura si orientano e si dirigono verso un elettrodo negativo, in presenza di campi di bassa intensità (70 mV/cm)

Le cellule hanno capacità di recepire ed integrare segnali luminosi, percependo di essi sia la frequenza che la direzione. Ciò è stato dimostrato mediante speciali apparecchiature microscopiche a contrasto di fase con luce infrarossa [Albrecht-Buehler, 1991]. Fibroblasti 3T3 in coltura estendono gli pseudopodi preferenzialmente verso sorgenti di luce, le più efficaci essendo quelle nel range 800-900 nm intermittenti con 30-60 impulsi al minuto. Secondo l’autore di tali sperimentazioni, il recettore cellulare delle radiazioni sarebbe il centrosoma. Vi sono evidenze che anche l’attività proliferativa cellulare sia influenzata da campi elettromagnetici, anche di intensità molto debole (0.2 - 20 mT, 0.02 - 1.0 mV/cm) [Luben et al., 1982; Conti et al., 1983; Bistolfi et al., 1985; Goodman and Shirley, 1990; Cadossi et al., 1992; Walleczek, 1992].

È importante notare che dai dati della letteratura finora disponibili non è possibile trarre delle conclusioni definitive sull’effetto positivo o negativo, stimolatore o inibitore, di campi elettromagnetici deboli su sistemi cellulari o molecolari e soprattutto sulle dosi e modalità di applicazione [Walleczek, 1992]. Infatti, i segnali elettromagnetici bioattivi utilizzati variano molto per quanto riguarda l’intensità, la frequenza, la durata, la forma dell’onda (sinusoidale, quadrata, a dente di sega, ecc.). Inoltre, l’effetto può dipendere anche dallo stato biologico delle cellule esposte [Cossarizza et al., 1989; Walleczek and Liburdy, 1990], indicando che vi sono coinvolti meccanismi di interazione molto complessi fra diversi fattori.

Secondo Tsong e collaboratori [Tsong, 1989; Liu et al., 1990] le comunicazioni intercellulari convenzionalmente conosciute, come l’interazione ligando-recettore, sono processi lenti ed a breve distanza, ma le cellule hanno bisogno anche di comunicazioni rapide ed a lunga distanza, per cui viene proposto che le varie reazioni biochimiche, comunque necessarie, siano regolate da forze di natura fisica. Dato che deboli campi elettromagnetici oscillanti sono in grado di stimolare o sopprimere molte funzioni cellulari e che da un punto di vista termodinamico ciò è possibile solo se esistono dei meccanismi di amplificazione del segnale, viene proposto che la membrana cellulare sia un sito di amplificazione.