La base biologica dell’effetto del campo magnetico sulle cellule è molto complessa e non può essere analizzata esaustivamente in questa sede. La cellula costituisce un tipico sistema elettrochimico, con una differenza di potenziale trans-membrana (esterno negativo rispetto all’interno) e numerosissime proteine dotate di cariche elettriche di vario segno.

Secondo il modello del mosaico fluido della membrana (modello ancora valido, almeno nelle generalità) in una ideale cellula a riposo, le proteine sono distribuite uniformemente sulla membrana, ma, in presenza di un campo elettrico che l’attraversa, subiscono un’attrazione o repulsione elettroforetica, tendendo a spostarsi verso i poli che la cellula presenta verso il campo elettrico. Una corrente di elettroni o di ioni che investe una cellula vi scorre attorno, provocando un movimento di proteine (elettricamente cariche) in senso contrario. Tali movimenti sono detti anche dielettroforetici [Pohl, 1978; Pething, 1994].

Il riarrangiamento delle posizioni delle proteine sulla superficie della membrana non è privo di conseguenze, in quanto favorisce i contatti tra proteine vicine e rallenta quelli tra proteine lontane [Chiabrera et al., 1984]. Poiché il funzionamento di recettori e sistemi di trasduzione di membrana dipende da aggregazioni o almeno contatti di proteine, le conseguenze del campo elettrico sull’attivazione cellulare sono facilmente immaginabili. Il fenomeno dell’aggregazione si verifica normalmente in caso di segnale chimico, perché la molecola segnale può fare un ponte tra due o più recettori, che sono mobili nel piano della membrana.

Gli esperimenti eseguiti dal gruppo di Tsong indicano che un debole campo elettrico (20 V/cm), a 3.5 °C, è in grado di attivare la funzione di un importante sistema della membrana coinvolto nel pompaggio degli ioni, la ATPasi Na+/K+ dipendente. Tuttavia, l’attivazione avviene solo se sono usate specifiche frequenze, corrispondenti a 1 kHz per il pompaggio del K+ e 1 MHz per il pompaggio del Na+. Questi risultati hanno permesso di formulare il concetto di "accoppiamento elettroconformazionale". Questo modello postula che una proteina enzimatica vada incontro a cambiamenti conformazionali per un’interazione coulombiana con un campo elettrico (oppure con ogni altro campo di forze oscillante con cui la proteina può interagire). Quando la frequenza del campo elettrico corrisponde alla caratteristica cinetica della reazione di trasformazione conformazionale, viene indotta una oscillazione fenomenologica tra conformazioni differenti dell’enzima. Alla forza di campo ottimale, le conformazioni così raggiunte sono funzionali e le oscillazioni sono utilizzate per compiere l’attività richiesta, come ad esempio il pompaggio di Na+ e K+.